50 km all’ora, due fratelli con le ali sotto ai piedi. La recensione del nuovo film di Fabio De Luigi

Lo cantavano i Lunapop, lo ribadisce Fabio De Luigi: andare in giro per i colli bolognesi, con le ali sotto ai piedi è veramente una gran cosa. Il sapore degli anni ’80 e ’90 rivive fortissimo nella nuova commedia 50 km all’ora, diretta dal regista reduce dal buon successo di Tre di troppo, tornato nelle sale dal 4 gennaio 2024 con un road movie tanto semplice quanto toccante.

Al centro della storia, adattamento del film tedesco 25 km/h di Markus Goller, c’è una strana coppia formata dall’attore, comico e regista e da Stefano Accorsi. Il primo interpreta Rocco, che nomen omen è rimasto per tutta la vita nel paesino sui colli dell’Emilia-Romagna insieme al burbero padre, ferito nell’orgoglio e nel cuore. Il secondo, dopo aver sfrecciato su strade attigue in Veloce come il vento, veste invece i panni di Guido, il fratello scanzonato che è riuscito a lasciare il nido e viene suo malgrado costretto a tornarci a causa della morte del padre.

I due fratelli non potrebbero essere più diversi, ma a metterli insieme ci pensa solo un destino mascherato: le ultime volontà del padre spingono Rocco e Guido a salire in sella a due vecchi motorini Garelli, viaggiare attraverso gli Appennini e lasciarle in un luogo speciale per la famiglia. Si configura così il più classico dei road movie che, come da tradizione di genere, permette di esplorare rapporti e personaggi, tracciandone un percorso che non è solo geografico di viaggio ma anche intimo e spirituale.

A sorprendere di 50 km all’ora non è quindi tanto l’impostazione narrativa, classica ma con che si riserva addirittura un finale sorprendente e molto toccante destinato a riscrivere in parte l’avventura vissuta, quanto piuttosto le scelte fatte in fase di casting. Fabio De Luigi e Stefano Accorsi costituiscono infatti una strana coppia i cui abituali ruoli sono stati sovvertiti: il comico Fabio interpreta il mite e a tratti serioso Rocco, Stefano invece è il clown rosso, anarchico portatore del caos che innesca (o così crede) la vicenda. Un gioco delle parti perfettamente riuscito, che consegna agli amanti della commedia italiana due prove nuove per i rispettivi attori, perfettamente bilanciati.

Colpisce anche l’alchimia tra i due: il rapporto tra i due fratelli ha il gusto della verità, del ricordo, restituisce le stesse sensazioni che milioni di persone potrebbero ritrovare nel proprio vissuto. Nel modo in cui bisticciano, poi scherzano, poi si dicono le peggiori cose e quindi via di nuovo con un’altra gag, ci sono tutti i connotati della relazione fraterna più pura, un quadro familiare sincero come tutto il resto del loro percorso.

Il tutto è calato in un contesto in cui gli anni ’80 sono più di un semplice pretesto per seguire il trend nostalgico che sembra aver inglobato il cinema degli ultimi anni, ma si fa elemento scenografico dall’alto valore drammaturgico. I motorini Garelli e le canzoni di quegli anni servono a Rocco e Guido come una madeleine de Proust, ciò che permette di evocare ricordi e sensazioni passate, utili non solo per acuire la malinconia del momento ma per trovare un punto di incontro e consentire la naturale parabola dei personaggi tipica dei road movie. Un viaggio semplice, toccante e soprattutto di cuore.

Foto: Eagle Pictures

Fonte: Film: trame e trailer - Best Movie
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