Linda non ha preso l’anello di sua madre! Non meritava di essere punita! Che ingiustizia! E ora Paulette, la mamma di Linda, farà di tutto per farsi perdonare dalla figlia, anche se questo significa preparare il pollo con i peperoni, nonostante non sappia cucinare.
Ma come si fa a comprare un pollo durante uno sciopero generale? Dal pollaio al camioncino dei cocomeri, dalla polizia dal grilletto facile al camionista allergico, dalla nonna alle inondazioni, Paulette e sua figlia si imbarcano alla ricerca del pollo, coinvolgendo la “banda di Linda” e, alla fine, l’intero quartiere. All’insaputa di Linda, il delizioso piatto di pollo che suo padre era solito preparare è la chiave della memoria.
Linda e il Pollo, film d’animazione nominato presentato in questi giorni al Biografilm Festival, racconta, con un tratto grafico al contempo vintage e originale, l’infanzia vista ad altezza di bambina, all’interno di un quartiere residenziale, nel giorno di uno sciopero generale. Non ci sono streghe, non ci sono missioni per salvare il mondo e l’unico personaggio che può volare è un… pollo!
Il lungometraggio nasce dall’incontro tra Chiara Malta – che ha diretto diversi cortometraggi, tra cui una trilogia sull’infanzia, selezionati e premiati in numerosi festival internazionali, ed è al suo primo film d’animazione – e Sébastien Laudenbach, regista, illustratore e professore presso l’ENSAD (École Nationale Supérieure des Arts Décoratifs), che ha scritto una dozzina di cortometraggi pluripremiati e selezionati da numerosi festival internazionali, e video musicali (il suo lungometraggio La Jeune Fille sans mains è presentato a Cannes, premiato al Festival Internazionale dell’Animazione di Annecy e in concorso per un premio César).
La convergenza unica e peculiare tra i loro due mondi espressiva dà vita a quella che i selezionatori del 41° Torino Film Festival, dove il film è passato in Concorso vincendo il premio alla miglior sceneggiatura, hanno definito “una commedia animata a rotta di collo, anarchica, esilarante, serissima” (la regista è romana ma vive da 23 anni in Francia, e questa cosa nel film si sente tantissimo). I colori dei personaggi, minimali e utili a fornire dei contrassegni per definirli, sono volutamente essenziali, e ciò permette al racconto di deflagrare attraverso coordinate che non so mai estetiche ma quasi sempre narrative.
Si pensi per esempio ai flashback sulla morte del padre, restituita in Linda e il pollo attraverso continui salti indietro nel tempo, con un’idea di classicismo e di rimpianto che non può non rimandare – in maniera filosofica e quasi spirituale – a un riferimento che ha citato la stessa cineasta Malta, ovvero il cinema di Peter Bogdanovich, il regista de L’ultimo spettacolo. Un sentimento, quello della nostalgia, che il film (candidato agli EFA insieme a Mary e lo spirito di mezzanotte di Enzo d’Alò, The Amazing Maurice di Toby Genkel e altri due film visti all’ultimo TFF, White Plastic Sky di Tibor Bánóczki e Sarolta Szabó e Robot Dreams di Pablo Berger) connette alle insufficienze croniche e patologiche degli adulti, dando vita a un piccolo affresco dai cromatismi spesso primari e talvolta secondari, talvolta autunnali e nel loro piccolo struggenti.
Foto: Dolce Vita Films · Miyu Productions · Palosanto Films