Vigilanza RAI: Documento finale su modelli di Governance e ruolo del Servizio Pubblico Radiotelevisivo e Mercato AV

4/8/2022

Cari Associati

La Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, riunita in data 2 agosto 2022, ha approvato il DOCUMENTO CONCLUSIVO DELL’INDAGINE CONOSCITIVA SU I MODELLI DI GOVERNANCE E IL RUOLO DEL SERVIZIO PUBBLICO RADIOTELEVISIVO, ANCHE CON RIFERIMENTO AL QUADRO EUROPEO E AGLI SCENARI DEL MERCATO AUDIOVISIVO.

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A seguire una sintesi dei principali contenuti.

 

CAPITOLO 1 – Genesi e finalità dell’indagine conoscitiva

  • L’indagine conoscitiva è stata motivata dalla necessità di sviluppare una riflessione sulle soluzioni da adottare per rafforzare e rilanciare la missione del servizio pubblico radiotelevisivo nell’attuale contesto multimediale, multipiattaforma e multicanale.
  • Uno scenario complesso e reso ancora più problematico dalle trasformazioni avvenute nel corso della pandemia da Covid-19, durante la quale è significativamente aumentata sia la platea degli abbonati alle piattaforme Over-the-top (OTT) a pagamento sia quella degli utenti dei servizi streaming non a pagamento in parallelo, ad un incremento degli investimenti, in produzioni audiovisive originali italiane da parte dei player internazionali.
  • In tale contesto, si tratta di dare la possibilità al servizio pubblico non tanto o non solo di competere nell’attuale mercato dei media quanto di continuare ad esistere.

Nell’ambito dell’indagine conoscitiva sono stati auditi, in ordine cronologico, i seguenti soggetti i quali hanno altresì depositato contributi e documentazione di interesse:

  1. ANICA – Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Multimediali, nella persona del presidente, Francesco Rutelli (4 maggio 2021);
  2. EBU – European Broadcasting Union, nella persona del direttore generale, Noel Curran (18 maggio 2021);
  3. Confindustria radio televisioni, nella persona del presidente, Francesco Angelo Siddi (26 maggio 2021);
  4. APA – Associazione produttori audiovisivo, nella persona del presidente Giancarlo Leone (26 maggio 2021);
  5. MIA – Mercato internazionale audiovisivo, nella persona della direttrice Lucia Milazzotto (26 maggio 2021);
  6. SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori, nella persona del vicedirettore generale, Sergio Maria Fasano, e del direttore sezione cinema Andrea Marzulli (15 giugno 2021);
  7. Italian Film Commissionsnella persona del presidente, Cristina Priarone (15 giugno 2021);
  8. Banijay Group, nella persona dell’amministratore delegato, Marco Bassetti, e dell’amministratore delegato di Banijay Italia, Paolo Bassetti (14 settembre 2021);
  9. AGCOM – Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nella persona del Presidente, Giacomo Lasorella (5 ottobre 2021)
  10. Stand by me S.r.l., nella persona dell’amministratore delegato, Simona Ercolani (9 novembre 2021).

 

CAPITOLO 2 – I principali temi sviluppati nel corso delle audizioni

2.1. La mission del servizio pubblico nel nuovo ecosistema dei media.

  • Le ragioni che originariamente hanno legittimato il servizio pubblico – essenzialmente, la tutela del pluralismo in un ambito contraddistinto da scarsità di risorse tecniche e alti costi di produzione e trasmissione, unitamente a considerazioni sulla particolare «pervasività» del mezzo – oggi non ci sono più o sono molto attenuate. Nel corso dell’indagine conoscitiva, pur nella presa d’atto delle difficoltà sempre maggiori che è destinato ad incontrare il servizio pubblico, nessuno ne ha realmente messo in discussione l’utilità e il ruolo.
  • Nonostante le trasformazioni tecnologiche, le opportunità offerte dalla digitalizzazione, l’affermazione dei nuovi media e nonostante la presenza di emittenti televisive private che svolgono funzioni paragonabili a quelle previste dal contratto di servizio, si continua a ritenere che solo il servizio pubblico possa tutelare l’accesso universale a una programmazione di qualità e inclusiva, che rifletta gli interessi di tutti i gruppi sociali.
  • Ciò detto, occorre rilevare che nel corso della procedura informativa è parimenti emersa la necessità che la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo rafforzi la credibilità e la riconoscibilità della propria offerta editoriale, puntando su contenuti che siano in grado di fornire allo spettatore modelli e visioni di alto livello qualitativo e a forte carattere innovativo.
  • Di contro, è stato sottolineato che, se la Rai insegue i target pubblicitari o si appiattisce sul modello delle televisioni commerciali, l’identità del servizio pubblico rischia di sbiadire mettendo seriamente in dubbio il senso della propria esistenza.
  • Produzione e promozione dell’audiovisivo sono fondamenta della missione di servizio pubblico della Rai e della sua natura di industria culturale. L’ideazione, la produzione, la commercializzazione e la promozione dell’audiovisivo italiano ed europeo costituiscono altrettanti obiettivi della sua funzione pubblica, così com’è definita sia dalla normativa sia dal contratto di servizio.
  • In termini generali nel corso dell’indagine conoscitiva le società di produzione audite hanno chiesto che la Rai possa sostenere un ecosistema produttivo al servizio del Paese, contribuendo allo sviluppo dell’audiovisivo nazionale e dando la possibilità a chi ha capacità e ingegno di innovare il settore con prodotti creativi.
  • Quanto al tema della transizione alla diffusione non lineare dei prodotti audiovisivi, RaiPlay non appare essere ancora in grado di rispondere alla sfida di dotare l’Azienda di un servizio autenticamente competitivo nel confronto con le nuove piattaforme commerciali OTT e di valorizzazione i contenuti audiovisivi realizzati da e per il servizio pubblico.
  • Il potenziamento della multimedialità è fondamentale per intercettare il pubblico più giovane, la cui fuga colpisce i broadcaster del servizio pubblico non solo in Italia ma in tutta Europa. Il tema è di importanza vitale perché, se non c’è audience, è compromesso lo stesso perseguimento degli scopi pubblici affidati alla Rai.

 

2.2 La governance dell’azienda concessionaria del servizio pubblico.

  • Il sistema di governance della Rai è senza dubbio cruciale per il funzionamento del servizio pubblico. Se si effettua un’indagine di tipo comparatistico risulta che, benché non vi sia un modello unico di governance nei servizi pubblici dei diversi Paesi europei, in ogni caso il rapporto con le istituzioni appare necessario per la natura stessa del servizio e per il fatto che esso fa capo alla mano pubblica.
  • Senza entrare nel merito delle varie proposte di riforma della governancedall’indagine conoscitiva è emersa la necessità di dare effettiva applicazione ad alcuni principi fondamentali, che sono gli stessi per ogni servizio pubblico delle democrazie europee e, in particolare: indipendenza, trasparenza, responsabilità, sostenibilità.
  • Si è osservato che la durata del mandato dei vertici della maggior parte dei Servizi Pubblici europei è pari a cinque anni, che corrisponde, peraltro, alla durata del Contratto di servizio. Allineare i due termini permetterebbe di rendere la stessa governance che stipula il Contratto responsabile anche della sua completa attuazione.

 

2.3 I canali di finanziamento e le risorse.

  • La certezza e la stabilità delle risorse, reclamata da più parti nel corso dell’indagine conoscitiva, è una richiesta legittima per la programmazione di un’azienda di grandi dimensioni e che svolge un servizio di siffatta rilevanza e complessità.
  • È stato evidenziato, in particolare, che un livello adeguato di risorse è indispensabile al servizio pubblico radiotelevisivo per competere nel mercato sempre più globalizzato, multimediale e interconnesso della produzione audiovisiva.
  • D’altra parte, è innegabile altresì che la Rai debba garantire una gestione maggiormente oculata, l’attuazione di una razionalizzazione delle spese vera e propria – che non significa tagli indiscriminati e al di fuori di una strategia complessiva – e la riconversione del personale sottoutilizzato, anche attraverso la formazione specifica (in particolare, il passaggio al digitale richiede una modifica radicale dei processi e una conseguente ristrutturazione del lavoro e delle mansioni).
  • Infatti, una gestione tutt’altro che avveduta ha, nel tempo, prodotto l’attuale situazione di criticità del quadro economico finanziario della Rai, che appare tanto più grave in un momento in cui servono ingenti risorse per rimanere nel mercato.
  • Peraltro, se è vero che, tra i maggiori servizi pubblici europei, la Rai continua ad essere quello con il più basso costo per i cittadini, è anche quello con la più elevata incidenza dei ricavi pubblicitari. Occorre rimarcare che la Rai non dovrebbe trarre alcun indebito vantaggio commerciale dal proprio ruolo di servizio pubblico e dal conseguente finanziamento.
  • Per questo serve, in primo luogo, un reale sistema di contabilità separata che impedisca di utilizzare, direttamente o indirettamente, i ricavi derivanti dal canone per finanziare attività non inerenti al servizio pubblico generale radiotelevisivo, tra le quali andrebbero espressamente annoverate la produzione, l’acquisizione o cessione, la distribuzione o comunicazione al pubblico, sotto qualsiasi forma, di programmi che non costituiscono adempimento degli obblighi di servizio pubblico.
  • Senza alcune correzioni necessarie, l’attuale modello di separazione contabile non assicura il pieno rispetto degli obblighi assunti a livello europeo onde evitare che il finanziamento al servizio pubblico sia considerato un «aiuto di Stato» in violazione dell’articolo 87 del Trattato istitutivo della Comunità europea, secondo quanto affermato anche dal Presidente dell’Agcom nel corso dell’indagine conoscitiva.
  • Dall’indagine conoscitiva è altresì emerso che il mix di risorse canone-pubblicità non sembra destinato a poter durare ancora a lungo nelle condizioni che abbiamo visto finora.

 Inoltre:

  • In primo luogo, occorre tener conto dei nuovi limiti di affollamento di cui al decreto legislativo 208/2021 – attuativo della direttiva (UE) 2018/1808 – che, è stato evidenziato, impatta in particolare sulla fascia 18-24 di Rai1, la più pregiata.
  • In secondo luogo, il mercato della pubblicità si è spostato dalla carta stampata e dalla tv generalista verso internet. La pubblicità sarà, quindi, un bene sempre più scarso sul quale la Rai non potrà fare affidamento.
  • I principali fattori che insieme hanno concorso ad una drastica riduzione delle risorse a disposizione del servizio pubblico sono: da un lato una contrazione della raccolta pubblicitaria televisiva a vantaggio principalmente della pubblicità on line, con un sorpasso di quest’ultima sulla prima nel corso della pandemia e una destinazione della raccolta pubblicitaria on line che in grandissima prevalenza afferisce a operatori multinazionali come Google, Facebook ed Amazon; dall’altro lato una riduzione del valore complessivo del canone di abbonamento alla radiotelevisione, in termini sia assoluti sia relativi nel confronto con altri servizi pubblici radiotelevisivi europei; in terzo luogo la sottrazione alla Rai di una quota annuale delle entrate derivanti dagli effettivi versamenti a titolo di canone (cosiddetto extra gettito).

Si segnala:

  • Su tale sfondo, se è senz’altro opportuno garantire certezza di risorse al servizio pubblico radiotelevisivo ai fini di una migliore programmazione degli investimenti, quanto invece alla consistenza delle risorse stesse, una riflessione sulla destinazione – totale o parziale – dell’extra gettito non si può aprire senza, in parallelo, valutare condizioni e garanzie sull’utilizzo di queste somme.
  • L’attribuzione alla Rai di una parte o dell’intero extra gettito dovrebbe opportunamente essere accompagnata dalla previsione della destinazione di una quota minima di investimenti nella produzione di contenuti audiovisivi originali di qualità, in sintonia con l’attività di riforma di cui al citato decreto legislativo n. 208/2021 e nel quadro di un aumento delle quote di investimento obbligatorio che avvicini la realtà italiana alla media europea e che tendenzialmente si orienti verso i livelli di eccellenza raggiunti dal caso francese.
  • Parimenti, si potrebbe introdurre una prescrizione di destinazione di una quota minima e non riducibile di investimenti nel settore digitale, che è cruciale per la sopravvivenza nell’attuale mercato dell’audiovisivo.

 

2.4 Produzione audiovisiva e tutela della proprietà intellettuale.

  • Nel corso dell’indagine conoscitiva è emerso che la Rai, nonostante il mutato contesto competitivo, investe sempre meno nell’industria culturale dei contenuti.
  • Nel corso dell’indagine conoscitiva è stata sottolineata l’utilità di incentivare e promuovere la diversità dell’offerta audiovisiva guardando al complesso dell’articolazione dei palinsesti e dei canali Rai, superando così la concentrazione di fiction originali italiane sulla sola Rai Uno, attraverso una loro più diffusa programmazione sugli altri canali generalisti del servizio pubblico: un metodo di diversificazione che potrebbe valorizzare presso il grande pubblico la promozione della produzione audiovisiva sostenuta dalla Rai.
  • Le società di produzione audite hanno richiamato il modello BBC, la quale ha razionalizzato i costi interni per investire di più sul prodotto e valorizzare i produttori indipendenti, asserendo che una collaborazione fruttuosa e un rapporto trasparente tra broadcaster pubblico e produttori indipendenti giovano all’intero settore e innescano un circolo virtuoso. È stato osservato che la Rai, invece, agisce, nella competizione con i privati, in termini difensivi.
  • Si è affermato che la Rai dovrebbe sempre scegliere il prodotto migliore, anche quando ciò significa affidarsi prevalentemente a società esterne, che siano le principali o quelle medio-piccole.

Inoltre:

  • Nel corso dell’indagine conoscitiva è stato messo in rilievo che, nel campo della promozione dell’audiovisivo nazionale, la Rai può svolgere una funzione preziosa e insostituibile attraverso l’acquisizione o la co-produzione di prodotti di qualità italiani, anche allo scopo di una loro valorizzazione sui mercati esteri attraverso l’utilizzo della propria rete di distribuzione.
  • Nel corso delle audizioni è stato espresso l’auspicio che la Rai, come editore televisivo e multimediale di servizio pubblico, riservi una voce di budget allo sviluppo di una linea d’intervento specifica per la formazione di autori nel settore dell’audiovisivo.
  • Sul piano degli incentivi economici e fiscali, si potrebbe valutare un’estensione alle opere audiovisive del tax credit previsto dalla Legge 220/2016 che attualmente esclude dai propri benefici le aziende che producono programmi di informazione e attualità. Per cui, proprio al fine di sostenere la produzione di contenuti culturali, anche maggiormente calati nella realtà della società, potrebbe essere opportuno estendere la misura del credito di imposta alla produzione ai format prodotti da produttori indipendenti.
  • Nel corso dell’indagine conoscitiva è stato evidenziato che la Rai, quando commissiona la realizzazione di un programma tratto da un format originale proposto e ideato da un produttore indipendente italiano, tende ad acquisirne la proprietà intellettuale per intero o in parte, e comunque senza mai scendere sotto la soglia del 50 per cento. In aggiunta, la Rai mantiene anche il controllo della distribuzione.
  • Ciò, analogamente a quanto accade con gli OTT, è suscettibile di produrre un effetto di disimpegno creativo e produttivo sia sui format originali sia sul complesso dei prodotti, mentre dal servizio pubblico radiotelevisivo ci si attende la messa in atto di pratiche virtuose di sostegno al produttore indipendente e un contributo allo sviluppo dell’industria audiovisiva italiana.
  • Si potrebbe ipotizzare di fare riferimento, ancora una volta, al modello della BBC e, nello specifico, al «Code of Practice» che il servizio pubblico radiotelevisivo britannico ha introdotto nel 2018 con l’obiettivo sia di «valorizzare il proprio ruolo di strumento e stimolo allo sviluppo del settore dei produttori indipendenti … su basi di correttezza e trasparenza», e sia di «specificare in modo trasparente il processo di affidamento, dare ai fornitori esterni informazioni chiare sui requisiti e affidare i programmi in appalto ai produttori indipendenti con modalità aperte e leali in considerazione della qualità e del prezzo delle rispettive proposte».

 

CAPITOLO 3 – Conclusioni

  1. È necessario che la Rai rafforzi la propria identità di servizio pubblico nell’attuale contesto multimediale interattivo e recuperi prestigio, anche a livello internazionale, puntando su contenuti innovativi di alto livello qualitativo e facendosi carico di nuovi servizi fondamentali, quali l’alfabetizzazione digitale della popolazione.
  2. Occorre dare effettiva applicazione ai principi basilari di indipendenza, trasparenza, responsabilità e sostenibilità nella governance del servizio pubblico, escludendo ogni forma di controllo esterno ex ante sulla gestione dell’Azienda, fermi restando i poteri di indirizzo e vigilanza della Commissione.
  3. Si ravvisa l’utilità di estendere l’attuale durata triennale del mandato dei componenti del consiglio di amministrazione dell’Azienda, in linea con gli standard europei, al fine di assicurare una gestione più efficace ed efficiente e una pianificazione di ampio respiro.
  4. Occorre garantire alla concessionaria del servizio pubblico risorse certe e adeguate, ferma restando la necessità di una razionalizzazione delle spese, nell’ambito di una strategia complessiva, che preveda anche una ristrutturazione del lavoro e delle mansioni per soddisfare le esigenze derivanti dalla trasformazione digitale.
  5. È urgente che la Rai metta in atto un reale e trasparente sistema di contabilità separata che impedisca di utilizzare, direttamente o indirettamente, i ricavi derivanti dal canone per finanziare attività non inerenti al servizio pubblico.
  6. L’incremento delle risorse, derivante dall’assegnazione, in tutto o in parte, dell’extra gettito, dovrebbe essere accompagnato dalla previsione di una quota minima di investimenti nella produzione di contenuti originali di qualità e nel settore digitale, oltre che dalla già citata razionalizzazione delle spese.
  7. La Rai deve accrescere gli investimenti nella produzione interna, valorizzando le proprie risorse, con particolare riferimento ai contenuti strategici per l’adempimento dei compiti del servizio pubblico.
  8. È necessario che la Rai adotti criteri di maggiore correttezza e trasparenza nella gestione della proprietà intellettuale delle opere audiovisive, in particolare per quanto attiene il controllo e la durata dei diritti di commercializzazione, al fine di tutelare l’industria nazionale dell’audiovisivo e di valorizzare la creatività originale e le produzioni indipendenti, avendo attenzione anche alla promozione della nostra cultura nazionale e dei nostri territori. Inoltre, si pone l’esigenza che la concessionaria conservi nel tempo i diritti di trasmissione dei contenuti afferenti all’offerta obbligatoria prevista dalla legge, anche al fine di arricchire e consolidare l’archivio storico dell’Azienda.
  9. La Rai – anche attraverso il prossimo Contratto di servizio – dovrebbe porre in essere le azioni idonee a contribuire allo sviluppo e al sostegno del settore audiovisivo nazionale, all’individuazione e alla formazione dei talenti in tale ambito e alla valorizzazione sui mercati esteri dei prodotti italiani attraverso la propria rete di distribuzione.
  10. Infine, la Rai dovrebbe promuovere l’innovazione tecnologica e mantenere un ruolo di guida nella ricerca e sviluppo che supporti l’effettivo adempimento della sua missione in una logica condivisa e di collaborazione, anche in forma societaria o associativa con gli altri operatori del settore radiotelevisivo, al fine di creare le condizioni per un rafforzamento del sistema radiotelevisivo italiano in una prospettiva multipiattaforma.

 

 

 

Fonte: ANICA
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