1994: conclusione in grande stile per la serie ideata da Stefano Accorsi – La recensione

1992 nasce come il progetto con cui Sky intendeva portare avanti il proprio percorso nel campo della produzione della TVdi qualità in Italia, portando avanti quel percorso nato con Romanzo Criminale e consolidatosi con il successo di Gomorra.

 

La serie nasce da un’idea di Stefano Accorsi, come più volte viene ricordato a partire dai titoli di testa ed è nutrita dall’ambizione di raccontare la storia d’Italia unendo la ricostruzione di eventi realmente accaduti con personaggi realmente esistiti ad altre figure invece inventate dal nulla, che si inseriscono all’interno della Storia con le proprie storie personali.

 

Il cuore del discorso è il passaggio dalla Prima alla Seconda repubblica e quindi la transizione dalla politica dei due blocchi e delle ideologie al periodo caratterizzato dall’arrivo di Silvio Berlusconi. Le discontinuità create dall’imprenditore lombardo e l’impatto che quest’ultimo ha avuto non solo sulla politica ma anche sulla cultura e sulla società italiana sono il centro del progetto targato Sky sin dalla prima stagione.

 

Da buon demiurgo Stefano Accorsi si è riservato un ruolo molto speciale, quello di Leonardo Notte, un protagonista antieroe che sembra uscito dalla tv americana, un uomo egoista e manipolatore a cui non frega di niente e di nessuno se non di se stesso. Gli altri due personaggi principali – rimanendo a quelli di finzione – sono Veronica Castello e Pietro Bosco: la prima, interpretata da Miriam Leone, è l’occasione per parlare delle donne nella politica italiana e nel berlusconismo; il secondo invece, interpretato da Guido Caprino, incarna un po’ l’uomo qualunque, l’italiano medio di buon cuore ma avvelenato da mali sociali e culturali come la Lega e la mascolinità tossica, che lo rendono una persona violenta e profondamente imperfetto.

 

Dopo una stagione d’esordio ambiziosa ma tutt’altro che perfetta, con diverse sbavature soprattutto per quanto riguarda la recitazione e alcune storyline non necessarie, è arrivata un’annata di transizione (1993) che ha lasciato alcuni spettatori per strada ma che al contempo ha fatto capire cose bisognava migliorare se si voleva chiudere nel migliore dei modi. 1994, infatti, fa tesoro degli errori delle prime due stagioni e si pone come una miniserie molto più compiuta e riuscita rispetto alle due precedenti, riuscendo a dare una forma propria a ciascun episodio e al contempo portando avanti le traiettorie narrative dei singoli personaggi fino alla conclusione definitiva.

La caratteristica principale di questa annata è quella di sviluppare in maniera più intensa la dimensione antologica degli episodi, dando un senso di quasi autonomia a ciascuno degli otto tasselli narrativi che chiudono il ciclo, senza per questo perdere nulla dal punto di vista della coerenza. In questo modo la serie riesce ad avere degli ottimi episodi quasi monografici, tra i quali svetta per qualità e sperimentazione il quinto, in cui le citazioni dal cinema noir abbondano (Sunset Boulevard, La fiamma del peccato) e il tutto è narrato come se fosse un racconto hard-boiled.

Molto significativo è anche il secondo episodio, interamente dedicato a Veronica Castello e alla sua crescita come politica. In questo caso gli autori parlando del passato ma fanno un chiaro riferimento al presento, ragionando sulla misoginia che ancora oggi esiste nei palazzi del potere e sugli ostacoli che di volta in volta le donne in politica sono costrette a superare.

 

Nonostante non tutto funzioni a meraviglia e in particolare negli ultimi due episodi la serie si concentri un po’ troppo sul lato umano dei tre protagonisti, abbandonando il legame tra questi e la ricostruzione della storia (che è sempre stato il punto di forza principale dello show), 1994 è un’ottima conclusione per un progetto ambizioso e imperfetto, che proprio nel momento in cui saluta il pubblico riesce a realizzare la sua stagione migliore.

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Fonte: Bestserial – Best Movie
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